Archive for the ‘Libro’ Category

Individuo e insurrezione. Stirner e le culture della rivolta

mercoledì, Dicembre 30th, 1992

ATTI DEL CONVEGNO
promosso dalla
Libera Associazione di Studi Anarchici
(Firenze 12 – 13 dicembre 1992)

AA.VV., Individuo e insurrezione. Stirner e le culture della rivolta

Gli eventi di questi anni di fine secolo sembra che abbiano fatto piazza pulita anche di tutti quei deterministici modelli interpreta- tivi della società e della storia del dominio. Le contraddizioni sociali sembra che non producano più la storia, perché non hanno più un fine a cui approdare. Sembra non esserci più possibilità di un rivolgimento e di una gestione alternativa del- l’esistente.

La massificazione dei modelli di vita («la piccola borghesia ha ereditato il mondo, essa è la forma in cui l’umanità è sopravvis- suta al nichilismo»1) rende l’identità individuale un’imitazione di ruoli e modelli precostituiti, in cui la libertà non ha valore né senso. L’integrazione sistemica e la sua legittimità sono date dall’aver sposato ognuno, in cambio delle “piccole comodità domestiche”, le sorti del sistema stesso. Ma questo sistema, che si presenta come il codice della razionalità tecnologica, è pur sempre, parafrasando Stirner, un prodotto mal fatto dell’uomo alienato.

Allora la rivolta, a partire da quell’unico soggetto capace di at- tuarla, che è qualunque individuo, ridiventa il necessario punto di partenza per riconsiderare le possibilità della affermazione di sé e dei propri rapporti, della libertà, al di là della marginalità come ambito precostituito dal sistema, in cui è relegata.

Max Stirner è l’autore che più di ogni altro può offrirci, in merito, gli strumenti critici e l’opportunità di riflettere sull’esistenza di ognuno di noi, destrutturando l’impero concettuale metafisico e religioso («il sacro») che ancora oggi “forma” la cultura dentro la quale siamo impigliati.

Come Libera Associazione di Studi Anarchici, nell’organizzare questo convegno di studi, ci eravamo proposto l’obiettivo di discutere e approfondire la visione critica di due categorie: l’in- dividuo e l’insurrezione, proprio a partire dalle dimensioni della rivolta nel pensiero di Stirner. Le relazioni e il dibattito svoltesi in queste due giornate raggiungono appieno detto obiettivo.

Le analisi e gli spunti critici proposti dai relatori (che hanno sti- molato un proficuo dibattito anche sulle diverse concezioni e interpretazioni del pensiero e del movimento anarchico) offrono l’opportunità di addentrarci nel pensiero filosofico stirneriano, mettendoci in guardia, nel contempo, contro il rischio di una sacralizzazione di questo, come dell’individuo o della stessa rivolta.

Bisogna — come è stato sostenuto nel dibattito — rovesciare il libro e la vita: chi si addentra nella filosofia stirneriana, non può farlo come chi intraprende la lettura di un libro alla ricerca di una rivelazione che rimodellerà le proprie visioni della vita e i propri comportamenti. Così facendo, in Stirner troverà un demo- litore delle certezze e delle costruzioni filosofiche e ideologiche del pensiero moderno, un «grumo di puro nichilismo».

Spesso, con la critica all’ideologia viene coniata una nuova ideologia, e la sacralizzazione del pensiero, anche del pensiero critico, porta alla pontificazione di nuove sette, di nuovi archismi.

Allora, è rimettendosi in gioco, riconsiderando se stessi e la propria vita, che anche la lettura di Stirner — e forse anche di questi atti — può fornire validi strumenti per una critica radicale, che pone l’unicità di se stessi come nuovo soggetto della pro- pria autoliberazione, all’interno della quale le dimensioni della rivolta e l’insurrezione assumono concretezza storica.

 

 

L’utopia e la città

martedì, Giugno 18th, 1991

Atti del Convegno tenutosi a Bologna il 4 e 11 Maggio 1991

primo convegno organizzato dalla Libera Associazione di Studi Anarchici.

La città e lʹutopia. Due concetti per i quali sembra in atto una entropia di senso. Lʹimmagi‐ ne collettiva che si ha oggi della città è sempre più quella data dai grossi ag‐ glomerati metropolitani i cui elementi costitutivi sono: i problemi della per‐ corribilità e della comunicazione, lʹostentazione degli interventi statali o ʺpubbliciʺ che assumono lʹaspetto (e virtualmente la sostanza) di simulacri del potere, la pianificazione del controllo sociale.

Lʹimmagine della città quale organismo della vita sociale, ovviamente contraddittoria e conflittuale, che disegnava le proprie forme e che si dava i propri spazi, sembra completamente frantumata e dissolta. Non ci sono spazi deputati allʹespressione dei conflitti sociali, ma nemmeno spazi deputati come sede del Potere, questo si è disseminato ovunque (o non cʹè più?).

Così è difficile immaginarsi lʹautogestione delle lotte e delle singole e‐ sperienze dentro la città, le quali progressivamente, determinino lʹautogestio‐ ne della città stessa. È ancora possibile e ha senso oggi pensare lʹautogestione della città?

Dʹaltronde anche lʹutopia comunitaria del movimento operaio si è fran‐ tumata e dissolta, e non tanto per lo sbriciolarsi delle ideologie del ʺcomuni‐ smo realeʺ, ma in quanto il mondo operaio, lʹindustria, non sono più il centro dal quale si può generare lʹautogestione della società (… dai consigli di fabbri‐ ca a quelli di quartiere ….). Ma è ancora possibile e ha senso oggi pensare lʹau‐ togestione dellʹindustria?

Lʹutopia comunitaria, però, non è connessa allʹautogestione della società vincolata al (tramite il) sistema di produzione dato (ereditato), ne è aldilà, non è mai stata pensata come una conseguenza dello sviluppo (ʺdellʹottimismoʺ) delle forze produttive. Il rapporto fra lʹutopia comunitaria e la tecnologia è un rapporto disincantato come forse è oggi il rapporto degli hachers con lʹinfor‐ matica. Per questo lʹutopia comunitaria è ancora integra nellʹimmaginario col‐ lettivo e spesso funge da ʺcontraltareʺ allʹimmaginario apocalittico della vita ʺdisumanizzataʺ e solitaria nelle metropoli dʹoggi.

È questa utopia alla base di quelle esperienze comunitarie che si diffon‐ dono un poʹ ovunque in spazi (ʺmarginaliʺ) della città, quali possono essere i centri sociali autogestiti, i laboratori di comunicazione o di arte. Si riinnescano quegli inevitabili meccanismi dellʹantagonismo e della dialettica sociale che producono nuovi flussi comunicativi e nuove immagini: contro la città dei padroni, contro la città gestita dallo Stato e dalle speculazioni immobiliari e mafiose, si pensano e si ʺvivonoʺ spazi e luoghi liberati (ʺoccupatiʺ per il lin‐ guaggio del diritto di proprietà), si intrecciano percorsi comunicativi che ri‐ leggono la città con altri valori e altri simboli. In quali forme e come si esprime oggi lʹutopia comunitaria? Abbiamo individuato un possibile percorso di ricerca convinti che lʹu‐ topia comunitaria abbia a che fare con la città e che questa abbia sempre avuto a che fare con lʹaltra.

per accedere agli atti: AA.VV., L’utopia e la città