Individuo e insurrezione. Stirner e le culture della rivolta
ATTI DEL CONVEGNO
promosso dalla
Libera Associazione di Studi Anarchici
(Firenze 12 – 13 dicembre 1992)
AA.VV., Individuo e insurrezione. Stirner e le culture della rivolta
Gli eventi di questi anni di fine secolo sembra che abbiano fatto piazza pulita anche di tutti quei deterministici modelli interpreta- tivi della società e della storia del dominio. Le contraddizioni sociali sembra che non producano più la storia, perché non hanno più un fine a cui approdare. Sembra non esserci più possibilità di un rivolgimento e di una gestione alternativa del- l’esistente.
La massificazione dei modelli di vita («la piccola borghesia ha ereditato il mondo, essa è la forma in cui l’umanità è sopravvis- suta al nichilismo»1) rende l’identità individuale un’imitazione di ruoli e modelli precostituiti, in cui la libertà non ha valore né senso. L’integrazione sistemica e la sua legittimità sono date dall’aver sposato ognuno, in cambio delle “piccole comodità domestiche”, le sorti del sistema stesso. Ma questo sistema, che si presenta come il codice della razionalità tecnologica, è pur sempre, parafrasando Stirner, un prodotto mal fatto dell’uomo alienato.
Allora la rivolta, a partire da quell’unico soggetto capace di at- tuarla, che è qualunque individuo, ridiventa il necessario punto di partenza per riconsiderare le possibilità della affermazione di sé e dei propri rapporti, della libertà, al di là della marginalità come ambito precostituito dal sistema, in cui è relegata.
Max Stirner è l’autore che più di ogni altro può offrirci, in merito, gli strumenti critici e l’opportunità di riflettere sull’esistenza di ognuno di noi, destrutturando l’impero concettuale metafisico e religioso («il sacro») che ancora oggi “forma” la cultura dentro la quale siamo impigliati.
Come Libera Associazione di Studi Anarchici, nell’organizzare questo convegno di studi, ci eravamo proposto l’obiettivo di discutere e approfondire la visione critica di due categorie: l’in- dividuo e l’insurrezione, proprio a partire dalle dimensioni della rivolta nel pensiero di Stirner. Le relazioni e il dibattito svoltesi in queste due giornate raggiungono appieno detto obiettivo.
Le analisi e gli spunti critici proposti dai relatori (che hanno sti- molato un proficuo dibattito anche sulle diverse concezioni e interpretazioni del pensiero e del movimento anarchico) offrono l’opportunità di addentrarci nel pensiero filosofico stirneriano, mettendoci in guardia, nel contempo, contro il rischio di una sacralizzazione di questo, come dell’individuo o della stessa rivolta.
Bisogna — come è stato sostenuto nel dibattito — rovesciare il libro e la vita: chi si addentra nella filosofia stirneriana, non può farlo come chi intraprende la lettura di un libro alla ricerca di una rivelazione che rimodellerà le proprie visioni della vita e i propri comportamenti. Così facendo, in Stirner troverà un demo- litore delle certezze e delle costruzioni filosofiche e ideologiche del pensiero moderno, un «grumo di puro nichilismo».
Spesso, con la critica all’ideologia viene coniata una nuova ideologia, e la sacralizzazione del pensiero, anche del pensiero critico, porta alla pontificazione di nuove sette, di nuovi archismi.
Allora, è rimettendosi in gioco, riconsiderando se stessi e la propria vita, che anche la lettura di Stirner — e forse anche di questi atti — può fornire validi strumenti per una critica radicale, che pone l’unicità di se stessi come nuovo soggetto della pro- pria autoliberazione, all’interno della quale le dimensioni della rivolta e l’insurrezione assumono concretezza storica.